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Papa Francesco e l’abbraccio ai ragazzi del Serafico di Assisi, “una processione di tenerezza”

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Quella folla oceanica in Vaticano e lungo le strade di Roma per l’ultimo saluto a papa Francesco “è stata un’immagine commovente e allo stesso tempo piena di significati. E’ stata la conferma che in questi anni papa Francesco è riuscito a parlare a ciascuno di noi, credente o non credente, cogliendo le domande di senso che l’umanità si pone. Ha ricevuto il saluto di chi lo ha sentito parte della propria esistenza e riconosciuto come un padre, come un leader, come colui che è stato capace di riscattare gli ultimi, i vulnerabili, gli innocenti che soffrono, i feriti della storia”. Francesca Di Maolo, presidente dell’Istituto Serafico, ente sanitario per la riabilitazione e cura di ragazzi con disabilità grave gravissima, in una intervista all’Adnkronos non nasconde la sua commozione per l’ultimo omaggio, ieri, a papa Francesco e ricorda la sua vista ad Assisi ad inizio pontificato.

Bergoglio “ha tracciato per noi la via della fraternità e dell’amicizia sociale. Una fraternità che si fonda sul valore profondo di ogni essere umano, sempre e in qualunque circostanza o limite, e che definisce nella dignità di ogni persona il principio elementare e inviolabile della vita sociale – sottolinea Di Maolo – E il suo legame con il Serafico è iniziato proprio nel solco di questa strada, all’inizio del suo pontificato quando scelse di visitare i bambini e i ragazzi del Serafico all’inizio della sua prima visita in Assisi come pellegrino sulle orme di San Francesco. E’ accanto ai nostri bambini, attraverso gesti e parole indimenticabili, che ha spiegato al mondo la sua scelta di chiamarsi come San Francesco. Ed è sempre attraverso il Serafico, scelto per accompagnare i giovani economisti chiamati a cambiare l’economia, che si è voluto far capire che abbiamo bisogno di un nuovo sistema economico che include e non escluse, umanizza e non disumanizza, ma soprattutto al servizio della vita”.

“In questi giorni – continua Di Maolo – mi si affollano tanti ricordi nella mia mente, ma uno prevale su tutti. Penso continuamente alla sua storica visita al Serafico. Lui abbracciò uno ad uno i nostri ragazzi relazionandosi con loro e senza fretta. Si lasciava toccare da loro, li ascoltava, si chinava sui più piccoli e sui ragazzi in carrozzina. Ma ogni tanto si fermava e mi diceva: ‘Io sono commosso’. Era chiaro che ciascuno di quei ragazzi toccava il suo cuore e che in loro riconosceva la presenza di Cristo. Nel discorso a braccio che fece dopo quella processione di tenerezza spiegò a parole che in quei ragazzi era presente Gesù, come nella carne sofferente dell’umanità. Ci insegnò nei gesti e nelle parole che la relazione e la fraternità iniziano con il riconoscimento dell’altro e del profondo valore della vita”.

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