“La richiesta di una perizia psichiatrica è un sacrosanto diritto dell’indagato, non una routine giudiziaria”. Così l’avvocato Giuseppe Cultrera, legale di Stefano Argentino, il ragazzo reo confesso dell’omicidio di Sara Campanella, la studentessa universitaria 22enne uccisa a Messina, difende la scelta di chiedere la perizia psichiatrica per il suo assistito. “Spingersi a tanto, addirittura a un gesto ingiustificabile, non può non avere un motivo di disagio alle spalle – spiega all’Adnkronos – Nel caso di Stefano va fatta per avere contezza tecnica del suo status prima, durante e dopo il delitto. Questa difesa non ha alcuna presunzione di sostituirsi a un consulente del giudice, specialista, per affermare con certezza la lucidità o la non lucidità dell’indagato”. Per l’avvocato Concetta La Torre, legale della madre di Sara, si tratta di “una mossa che ci aspettavamo, una strategia difensiva tipica nei casi di femminicidio. Quello a cui ricorrono tutti gli assassini, soprattutto quando hanno confessato, nel tentativo di ottenere uno sconto di pena”.
L’avvocato del 27enne torna anche sull’arma del delitto, verosimilmente un coltello di cui Stefano si sarebbe disfatto e ancora non è stato ritrovato. “Il fatto che Stefano abbia occultato l’arma, si continua a sostenere che trattasi di un coltello, è solo una delle tante ipotesi, quella più facile per parte avversaria. Il ritrovamento o meno dell’arma non rappresenta di certo una svolta per le indagini: Argentino è già reo confesso. Il tutto sarebbe solo frutto di curiosità mediatica, irrilevante ai fini d’indagine. I processi – conclude Cultrera che in passato si è occupato di altri casi di femminicidi in cui ha difeso la vittima – si fanno in tribunale, nelle aule in cui si deve acclarare la responsabilità sulle risultanze probatorie”.