Calo del rublo, impennata dell’inflazione: l’economia russa che per due anni ha mostrato una sorprendente resilienza a guerra e sanzioni, inizia ad accusare i colpi del conflitto.
La valuta russa questa settimana ha perso oltre l’11% precipitando a quota 113 contro il dollaro, quasi ai livelli dell’inizio invasione dell’Ucraina. Il tutto con l’inflazione alle stelle, con i dati ufficiali che parlano di un dato intorno all’8% ma i rialzi per il carrello della spesa secondo altre elaborazioni si aggirano al 30/40% in media. A invertire le sorti dell’economia, secondo quanto si osserva in un articolo del ‘Wall Street Journal’, è stata la decisione dell’amministrazione Biden di inasprire le sanzioni contro la Gazprombank russa, l’ultima grande banca non ancora sanzionata che raccoglieva i pagamenti dei Paesi occidentali che acquistavano il gas naturale russo. Chiuso questo canale per l’economia russa sarà ancora più difficile approvvigionarsi di valute forti.
Prendendo di mira Gazprombank, un istituto di credito controllato dallo Stato che era nato come hub bancario per l’energia ma che negli ultimi anni è cresciuto di importanza in altri pagamenti transfrontalieri, Washington sta cercando di soffocare uno degli ultimi importanti collegamenti con il sistema finanziario occidentale. Intanto i paesi partner commerciali di Mosca si offrono per la mediazione con Washington: la Turchia, tra i principali importatori di gas russo, ha fatto sapere che chiederà agli Stati Uniti una deroga per continuare a pagare Gasprombank ed anche l’Ungheria, uno dei pochi Paesi europei che ancora si affida al gas russo, ha dichiarato che cercherà delle soluzioni.