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dall’omicidio alla sentenza oggi per Impagnatiello

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Nella giornata contro la violenza sulle donne arriva oggi il verdetto nel processo a Alessandro Impagnatiello, l’ex barman che ha ucciso la compagna Giulia Tramontano con 37 coltellate. Giulia, 29 anni, era incinta al settimo mese. Ecco tutte le tappe dell’assassinio avvenuto a Senago.

La scomparsa

“E’ sicuramente in difficoltà in quanto al settimo mese di gravidanza”. E’ il testo che segnala la scomparsa e dà il via alle ricerche di Giulia Tramontano, la ventinovenne incinta di Thiago, sparita la sera di sabato 27 maggio 2023 dall’appartamento di Senago, alle porte di Milano, in cui vive con il compagno Alessandro Impagnatiello. Nulla fa pensare a un allontanamento volontario.

Le indagini

Le ricerche si concentrano sul fidanzato. E’ lui, il pomeriggio di domenica, a denunciare la scomparsa ai carabinieri. Racconta di una lite la sera prima, di aver lasciato Giulia mentre dormiva e di essere andato a lavoro. La versione non convince e le testimonianze di chi lavora con lui svelano la doppia vita del barman. Le tracce di sangue trovate nell’auto danno un’accelerata alle indagini: viene indagato dalla procura di Milano per omicidio volontario aggravato.

La confessione

“L’ho uccisa io”. E’ il primo giugno del 2023 quando Impagnatiello, 30 anni, confessa il delitto e indica il posto – in via Monte Rosa, in un anfratto accanto ad alcuni box – in cui l’ha nascosta. Il corpo è avvolto in sacchetti di plastica. Ammazzata a coltellate – l’autopsia restituisce la crudeltà dei 37 colpi – ha provato a darle fuoco due volte (nella vasca e nel box), ne ha inscenato la scomparsa (nascondendola in cantina, nel garage nel bagagliaio, prima di disfarsene a meno di 700 metri da casa) e ha provato a depistare le indagini.

Il 3 novembre 2023, la procuratrice aggiunta Letizia Manella e la pm Alessia Menegazzo chiedono il giudizio immediato per omicidio volontario aggravato, interruzione non consensuale di gravidanza e occultamento di cadavere. Il delitto è premeditato come dimostrerebbe il tappetto della sala spostato per non macchiarlo e il veleno per topi somministrate più volte alla compagna e trovato anche nel feto: è la prima arma usata (fin dal dicembre 2022) per uccidere. L’omicidio è aggravato dalla crudeltà, dai futili motivi e dal legame che univa Giulia e Alessandro.

Inizia il processo

Il 18 gennaio davanti alla prima corte d’Assise di Milano, presieduta dalla giudice Antonella Bertoja, è presente la famiglia Tramontano – papà Franco, mamma Loredana Femiano, i fratelli Chiara e Mario -. In gabbia Impagnatiello tiene lo sguardo basso. Lontano dalle telecamere, vietate in aula, fa brevi dichiarazioni spontanee. “Ci sono tante persone a cui devo delle scuse, ma vorrei rivolgermi a Giulia e alla famiglia. Non ci sono parole corrette da dire, affronto una cosa che rimarrà per sempre inspiegabile per la disumanità. Quel giorno ho distrutto la vita di Giulia e di nostro figlio, quel giorno anch’io me ne sono andato perché non vivo più”. Le scuse non vengono accettate.

L’interrogatorio in aula

Il processo che vede sfilare investigatori e familiari trova un punto centrale nell’interrogatorio dell’imputato. “L’ho colpita all’altezza del collo, solo in cella con un servizio in tv ho saputo di averle sferrato 37 colpi. Giulia non si è difesa” è il racconto di Impagnatiello. In aula aggiunge qualche dettaglio crudele – “Andrai a pranzo da mia madre e in auto c’era il cadavere” – e ammette il suo “castello di bugie” (per tenere in piedi due relazioni parallele), un mare “in cui sono annegato”. Sostiene di aver avvelenato Giulia “solo due volte, nella prima parte di maggio, non per farle del male, ma per provocarle un aborto”. Parla per ore, ma non sa fornire un movente: “E’ una domanda che mi sono fatto miliardi di volte e che non avrà mai risposta”.

La perizia

A sorpresa, il 10 giugno scorso, i giudici chiedono la perizia psichiatrica. Tre mesi dopo arriva il responso: per gli psichiatri Gabriele Rocca e Pietro Ciliberti l’imputato era capace di intendere e di volere. Alessandro Impagnatiello “non poteva accettare lo ‘smascheramento’ con le conseguenze umilianti”. L’incontro, poche ore prima del delitto, tra Giulia Tramontano e l’altra donna, fa esplodere in lui – manipolatore con tratti narcisistici – una dimensione “rabbiosa” che sfocia nel femminicidio. Pur di non vedere il suo mondo crollare in pezzi si trasforma in assassino.

La richiesta di ergastolo

In aula va in scena un “viaggio nell’orrore” il cui protagonista è l’imputato “narcisista, psicopatico, manipolatore” che ammazza Giulia e Thiago “ostacoli per la sua realizzazione”. Smascherato, uccide in modo “brutale”: nessun raptus, ma un progetto “premeditato” attuato da un uomo normale che rappresenta “la banalità del male”. Giulia ha firmato la sua condanna a morte quando gli ha detto che aspettava un bambino, e Impagnatiello “come un giocatore di scacchi” dopo l’incontro tra le due donne “fa l’ultima mossa” e uccide. La richiesta dell’accusa è di ergastolo e isolamento diurno per 18 mesi. La difesa, rappresentata dalle avvocatesse Giulia Gerardini e Samanta Barbaglia, chiede invece la “pena minima”.

Oggi la sentenza

Dopo 14 udienze, proprio nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, oggi è atteso il verdetto dei giudici della prima sezione della corte d’Assise per uno degli omicidi più efferati degli ultimi anni. Spetterà ai giudici decidere se sussistono tutte le aggravanti – la premeditazione sembra essere l’unica questione più spinosa -, ma la sentenza di ergastolo (viste le accuse) per Alessandro Impagnatiello sembra già scritta.

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