Se non ci fosse la legge elettorale regionale, il divieto del terzo mandato consecutivo per il governatori delle regioni, stabilito nella legge nazionale 165/2004, non opererebbe in assoluto? La operatività del divieto è differibile solo alla prima legge elettorale regionale attuativa di quella nazionale? Se ne è dibattuto oggi a Palazzo della Consulta, nel corso della udienza pubblica sulla legittimità della legge 16/2024 della regione Campania, approvata nel novembre 2024, che consentirebbe la possibilità di un terzo mandato consecutivo al governatore in carica Vincenzo De Luca, permettendogli di ricandidarsi alla guida di Palazzo Santa Lucia. Il giudice relatore Giovanni Pitruzzella all’apertura del ruolo ha inquadrato lo stato degli atti della questione sollevata dalla presidenza del Consiglio dei ministri, rappresentata dagli avvocati Ruggero Di Martino ed Eugenio de Bonis, contro quella della Regione Campania, difesa dai legali Giandomenico Falcon, Aristide Police, Marcello Cecchetti. Quindi la parola è passata alle parti in un serrato confronto su cui, presumibilmente nelle prossime ore, i 15 giudici costituzionali riuniti in Camera di consiglio esprimeranno il loro verdetto.
Per lo Stato, secondo l’avvocato Ruggero Di Martino, i riferimenti sono tali da ritenere che il quadro normativo sia completo. “Le ragioni di inammissibilità della legge regionale campana sono molto chiare”: La disposizione nazionale (legge del 165/2004, “Disposizioni di attuazione dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione”) parla di veto di terzo mandato se il presidente della regione ha conseguito due mandati elettorali. Ciò a fronte di un principio fondamentale stabilito dal costituente, dove si attribuisce la potestà in materia di elezioni alle regioni ma si costruisce un sistema legislativo concorrente che si concretizza nella individuazione di principi fondamentali declinati nell’articolo 122 primo comma della Costituzione. Questa norma, che è vincolata ad essere applicata non appena va in vigore la legge elettorale regionale, non può che essere inevitabilmente la conclusione del limite dei due mandati consecutivi che ogni legge regionale deve osservare.
Secondo l’argomentazione dell’Avvocatura, il legislatore regionale della Campania, prima della legge regionale 16/2024 contro cui è ricorsa la Presidenza del consiglio dei ministri, aveva adottato la disposizione nazionale nel marzo 2009 (legge regionale 4/2009). “Non aveva esplicitato il principio (che vieta il terzo mandato consecutivo) ma non ce ne era bisogno, perché è il concetto di auto-applicazione dei principi da rispettare, per noi è definito molto chiaramente” e “si applica a prescindere da un riferimento formale”, ha spiegato l’Avvocatura. La condizione di operatività del principio che vieta il terzo mandato consecutivo sarebbe quindi secondo lo Stato l’entrata in vigore della legge regionale del 2009. “A noi pare francamente difficile ipotizzare qualcosa di diverso dalla sua immediata applicazione”. Pertanto, rispetto alla legge regionale 2024, “una cosa è certa: di incostituzionalità bisogna parlare. La stessa giurisprudenza richiamata dalla contro parte ci dice che non c’è la necessità di una legge di ricezione del principio”.
In virtù di questa argomentazione, decadrebbe il meccanismo di computo dei mandati opposto dalla Regione Campania per perorare la possibilità a De Luca di ricandidarsi. Meccanismo che prevede in base alla legge regionale del 2024 che il computo decorrerebbe da quello in corso di espletamento alla data di entrata in vigore della legge stessa.
Contestata alla Campania dall’avvocato di Stato De Bonis anche “l’argomentazione infondata, che si basa su una distinzione terminologica tra i termini incandidabilità e ineleggibilità”. La Regione sostiene che il divieto del terzo mandato consecutivo “non afferirebbe al problema della ineleggibilità ma della incandidabilità e quindi non sarebbe ricompreso da quanto previsto nell’articolo 122 primo comma della Costituzione”. Nella giurisprudenza di Cassazione invece “ciascuna causa di ineleggibilità, quale che sia la collocazione nel tuel, richiede il medesimo trattamento”. “E’ quindi priva di contenuto l’obiezione della Regione” dal momento che il divieto di terzo mandato consecutivo “è perfettamente inquadrabile nei casi di ineleggibilità. Incide infatti sul diritto dell’elettorato passivo, che giustifica la scelta di attrarre questa materia a quella concorrente per adottarla come principio regolatore”. De Bonis conclude ricordando che “il principio di democraticità richiede che siano valutati anche la par condicio dei candidati…il ricambio della politica…che sia posto un freno ai prolungati esercizi di potere da parte della medesima persona. Ci auguriamo che questi principi siano salvaguardati dalla Corte”.
Prima di cedere la parola ai difensori della Regione Campania, l’Avvocatura ha voluto replicare anche sull’accusa all’Esecutivo di “un diverso approccio del governo ad altre leggi elettorali regionali, come in Piemonte, nel Veneto e nelle Marche”. “Mi permetto di dire – è intervenuto Di Martino – che sul Piemonte e il Veneto il problema non si pone, non si può dire che il governo abbia recepito…. Nelle Marche invece c’è un caso che risponde alla critica che viene fatta, è vero che il Governo non ha impugnato, ma a dire che ci sia uno stabile orientamento ce ne passa! Una mancata impugnazione non preclude che possa esserci. E in questo caso non si è posto il problema perché il presidente che si era candidato per la terza volta non è stato eletto”.
Immediata la replica di GianDomenico Falcon per la Campania: “Il presidente della regione De Luca è stato eletto per la prima volta nel 2010 e la legge è del 2009. E poi non capisco perché le leggi di Veneto, Marche, Piemonte andrebbero bene mentre non andrebbe bene quella campana che chiude il ciclo e ingloba nei mandati rilevanti quello in corso”. “Le censure del ricorso del Governo sono infondate”. Falcon argomenta in questi termini: “E’ o non è auto-applicativo il principio del limite dei mandati consecutivi? Perché se non lo è, non lo è in virtù della legge del 2009. La norma richiedeva una attuazione regionale, che non voleva e non doveva essere auto-applicativa. La non auto-applicatività è stata infatti confermata dalle corti di appello di Milano. E’ il normatore regionale a dover porre il limite. Si tratta di stabilire quindi quali mandati sono rilevanti: le tre leggi delle Marche, del Piemonte e del Veneto dicono che sono rilevanti i mandati successivi. Per la Campania vale anche il mandato in corso”.
Secondo la difesa della Regione, “questa estemporanea interpretazione della legge 165 risponde “
al
l’idea di una norma
tagliola
: qualunque cosa legiferi la Regione in materia elettorale, scatta la tagliola….”.
Secondo i difensori della Regione Campania, “per stabilire un principio di divieto di terzo mandato serviva una legge costituzionale. Non è materia elettorale….. il profilo prevalente è quello della forma di governo”. “L’unica forma vigente di divieto costituzionale – ricordano – si trova nello statuto regionale siciliano”. “Noi abbiamo un riferimento che non può essere tradito. il tema del terzo mandato attiene alla forma di governo e non è materia elettorale”. “Insistiamo che il ricorso del governo sia dichiarato inammissibile e che profili di censura siano dichiarati infondati”. (di Roberta Lanzara)