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CONSIGLIO COMUNALE DI CARSOLI: IL CONSIGLIO HA RESPINTO ALL’UNANIMITÀ DEI PRESENTI LA PROPOSTA DI MODIFICA DELLO STATUTO FORMULATA DA ACIAM

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Il Comune di Carsoli ha una partecipazione azionaria nella società A.C.I.A.M. S.p.A.  – Servizi Energetici ed Ambientali, Società a partecipazione mista pubblico privata, di cui gli enti locali (48 Comuni Soci e l’Unione Comuni Montagna Marsicana),  detengono il 51% del capitale sociale, mentre il restante 49% è detenuto da soci  privati).  

La crisi finanziaria  

Con nota prot. n. 1518 del 21.03.2024, acquisita al protocollo dell’Ente n. 2833 del  21.03.2024, la società A.C.I.A.M. S.p.A. ha trasmesso proposta di modifica dello  statuto societario, evidenziando che le modifiche statutarie “si rendono necessarie,  come già esposto nel corso dell’Assemblea dei soci del 05.03.2024, al fine di assicurare  ad Aciam S.P.A. la sopravvivenza e la sua resiliente continuità aziendale”;  

Prima di soffermarci sulle modifiche statutarie proposte, che si incentrano  sostanzialmente e principalmente, come sottolineato dalla stessa società, sulla  eliminazione della distinzione tra le categorie di azioni di tipo “A” e “B”, vale a dire  l’eliminazione del capitale minimo di partecipazione pubblica, è d’obbligo approfondire  le questioni della crisi finanziaria che sarebbero alla base della richiesta di assicurare  la sopravvivenza societaria proprio per il tramite della approvazione della proposta di  modifica societaria.  

Il riferimento è costituito dalla corrispondenza intercorsa con la società e dai  documenti della procedura di composizione negoziata, nel contesto della quale è stata  già ottenuta la misura protettiva della sospensione delle azioni esecutive per il  termine di 120 giorni.  

Così, nella copiosa documentazione prodotta da Aciam si rinviene l’illustrazione delle  ragioni della crisi finanziaria. Si tratta di dati certificati dai competenti organi.  Va premesso e ricordato innanzitutto che Aciam S.p.A. è proprietaria dell’impianto di  trattamento meccanico biologico e compostaggio di Aielli, oggetto dal 2019 al 2023 di  due importanti interventi di ammodernamento e ampliamento finalizzati al  miglioramento della funzionalità e delle capacità produttive. Il primo investimento,  finalizzato all’ampliamento dell’impianto, iniziato nel 2019 e terminato nel 2021, di €  7.518.766,86 ha riguardato il potenziamento della linea di trattamento della frazione  organica del rifiuto. Il secondo investimento, iniziato nel 2022 e ultimato nel 2023, di €  11.868.751,90, ha riguardato la fornitura e l’installazione di un digestore anaerobico e  di un sistema di upgrade per la produzione di biometano da immettere in rete.  Entrambi gli investimenti sono ovviamente stati assentiti dall’Assemblea dei soci. È  bene sottolineare che dette azioni scaturiscono dall’intento dei comuni di tutelare  l’interesse pubblico con il raggiungimento di obiettivi di abbattimento dei costi del  servizio e delle tariffe, attraverso il controllo dei punti nevralgici del ciclo di gestione  della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti.  

In particolare, nel documento “Relazione alla situazione economico finanziaria al  31/12/2023” si legge che Aciam S.p.A. chiude il 2023 con una importante perdita pari a  € 2.440.636,41 e che le cause di questo risultato negativo sono imputabili a quattro  ordini di fattori:  

  1. Mercato della FORSU caratterizzato da una forte spinta deflattiva;  2. Ritardo nell’entrata in funzione del digestore per la produzione di biometano;  3. Riduzione tariffa di vendita del biometano;  
  2. Spinta inflazionistica dal lato dei costi di gestione.  

Primo fattore. L’acronimo FORSU sta ad indicare la Frazione Organica del Rifiuto  Solido Urbano, è il materiale raccolto dalla raccolta differenziata dell’organico, 

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altrimenti detto umido. Il mercato della FORSU è stato caratterizzato da un  abbassamento delle tariffe di trattamento del rifiuto organico, imputabile  principalmente al comportamento di alcuni players nazionali che continuano a fare  incetta di rifiuti organici per alimentare i propri impianti di grandi dimensioni situati  nel nord Italia. Tali operatori, per conquistare quote di mercato sempre più ampie e  per impedire l’ingresso di nuovi concorrenti nel loro mercato, praticano tariffe  ampiamente sottocosto (40 €/ton, 25 €/ton a fronte di costi di produzione superiori ai  100 €/ton).  

Se a ciò si aggiunge anche la circostanza che pronunce della giurisprudenza  amministrativa hanno sancito la liberalizzazione tariffaria e la libera circolazione del  rifiuto organico su tutto il territorio nazionale, sarà facile comprendere le ragioni della  veloce migrazione di flussi di rifiuti dall’Abruzzo verso gli impianti del Nord,  caratterizzati da tariffe di ingresso sottocosto.  

Tale situazione ha avuto su Aciam due effetti. Il primo una riduzione complessiva  delle quantità di rifiuti trattate (circa 5.000 ton in meno rispetto al 2022) presso  l’impianto nell’anno 2023 e il secondo la riduzione della tariffa media di conferimento  della FORSU (pari a €/ton 80,00, tariffa sottocosto finalizzata a garantire la giusta  quantità di rifiuti in ingresso all’impianto).  

Secondo fattore. L’entrata in funzione dell’impianto di digestione anaerobica con  produzione di biometano era prevista, come da cronoprogramma originario, per il mese  di febbraio 2023. Di fatto, per varie criticità tecniche, solo a decorrere dal mese di  novembre 2023 l’impianto ha cominciato a produrre quantità significative di gas  metano.  

Terzo fattore. La riduzione della tariffa di vendita del biometano è l’ulteriore fattore  che si è manifestato nel 2023 poiché nel secondo semestre dell’anno 2022 la tariffa si  attestava ad un valore medio intorno a circa 65 € al Mwh mentre per lo stesso periodo  del 2023 si è attestata a circa 29 € al Mwh.  

Quarto fattore. Un ulteriore elemento di estrema importanza che ha inciso  negativamente nell’anno 2023, è l’andamento crescente dei tassi d’interesse, dovuto  alle scelte della Commissione Europea. Aciam ha effettuato gli importanti  investimenti cui si è fatto brevemente cenno, contraendo mutui su cui annualmente  deve pagare gli interessi.  

Aciam riferisce che i quattro fattori hanno natura esogena, sottraendosi radicalmente  al controllo e alle possibilità di intervento della società, che non ha potuto opporre  alcuna strategia contro i loro effetti, rimanendo impotente rispetto al loro verificarsi.  Anche le criticità dell’entrata in funzione dell’impianto di digestione anaerobica sono  dovute a ritardi nelle forniture indotti dalla guerra in Ucraina.  

Nei documenti di Aciam ci si sofferma, poi, sull’analitica illustrazione dei costi  sostenuti e dei ricavi conseguiti, nonché dell’impatto dell’intera gestione sul  patrimonio, per concludere, come ormai ben a conoscenza non solo degli  amministratori dei comuni soci, ma anche delle comunità amministrate, che Aciam  S.p.A. chiude il 2023 con una importante perdita pari a € 2.440.636,31. Ci viene anche  detto che “Tale perdita di fatto azzera il patrimonio netto portandolo da € 2.375.234,51  a – € 65.401,80 e generando la necessità di ripianare la perdita e ricostituzione del  capitale sociale riportandolo ad un adeguato livello che sostenga l’importante  esposizione finanziaria contratta per la realizzazione del piano industriale”.  

La soluzione 

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La soluzione alla crisi finanziaria proposta da Aciam è unidirezionale; prevede infatti  che sia il socio privato ad effettuare la ricapitalizzazione dalla quale resterebbero  esclusi i comuni soci, senza che sia proposta una strada alternativa. Le motivazioni  tecniche di detta esclusione, in realtà, non convincono affatto. Ci viene infatti detto che  “stante l’assenza di conferimenti da parte degli enti locali soci è da escludersi che questi  ultimi possano partecipare alla ricostituzione del capitale sociale al minimo legale”.  L’operazione in questione, invece, ben potrebbe essere sostenuta dal socio privato  Tekneko se solo conseguirà un capitale sociale maggiore rispetto alla quota del 48%  posseduta attualmente. Il tutto, si prospetta, a pena di scioglimento o fallimento della  società. In altre parole, un “aut aut” in piena regola. O approviamo la modifica dello  statuto per permettere di innalzare le quote societarie del socio privato o la società  sarà inevitabilmente perduta; non vi sarebbe, dunque, altra via d’uscita perché la  ricapitalizzazione, nel caso di specie, sarebbe preclusa al socio pubblico.  

Si ricorda che sono tre le modalità di gestione dei servizi pubblici:  a) affidamento ad operatore economico mediante gara ai sensi del codice degli appalti;  b) produzione interamente in proprio da parte della stessa amministrazione mediante  la costituzione di società in house;  

  1. c) il ricorso a forme di partenariato pubblico-privato, con la costituzione di società a  capitale misto, che è il caso qui trattato.  

Quest’ultima modalità postula che la società svolga attività strettamente necessarie  per il perseguimento delle finalità istituzionali dell’ente (nesso di strumentalità o  vincolo di scopo).  

Sgombriamo il campo da ogni pur minimo equivoco o dubbio. Per le motivazioni che si  andranno ad approfondire, è chiaro che l’approvazione da parte dei Consigli Comunali  della proposta Aciam di modifica dello statuto societario, imporrebbe, immediatamente  dopo, l’attivazione da parte dei comuni della procedura ad evidenza pubblica mediante  gara per la dismissione delle quote societarie, poiché la società non sarebbe in alcun  modo riferibile al modello legale della società mista pubblico privata. In altre parole,  non potrebbe darsi alcuna modifica statutaria nel senso prospettato che non implichi  anche un giudizio di non strumentalità della società ai sensi del d.lgs. 175/2016 e,  dunque, che non comporti l’obbligo immediato per le amministrazioni comunali di  dismissione delle quote societarie.  

Alla base di ogni riflessione, e prima di formulare ogni giudizio o valutazione sulla  proposta in termini di efficacia per la soluzione della crisi finanziaria, deve esserci la  consapevolezza di questo aspetto, sul quale dobbiamo porre la nostra massima  attenzione. L’approvazione della proposta Aciam significa porre fine al programma o  progetto di tutela dell’interesse pubblico delle nostre comunità sotteso al servizio della  raccolta e smaltimento dei rifiuti, tramite la società. Questo verrebbe completamente  dismesso dai comuni e con esso l’interesse pubblico. Per definizione e vocazione,  secondo la logica dell’impresa, il privato farà esclusivamente i propri interessi.  Assisteremmo quindi al tramonto definitivo dell’opportunità per le nostre comunità di  partecipare con un ruolo da protagoniste nel nuovo corso di gestione regionale del  servizio rifiuti, incentrato sull’operatività dell’Agir (Autorità per la gestione integrata  dei rifiuti urbani). I comuni saranno esclusivamente rappresentati dall’Agir  nell’interlocuzione con i privati gestori del servizio. Se qualcuno abbia per caso pensato  alla possibilità di avere comunque un qualche ruolo o una qualche possibilità di  incidere, come amministrazione comunale, sulle politiche della nuova Aciam, si  risvegli dalla illusione, piuttosto insidiosa, poiché non ci sarà futuro per la tutela  dell’interesse pubblico nel nuovo contesto societario. Anzi come detto, le 

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amministrazioni dovranno uscirne (o tentare di farlo, perché il rischio è anche quello  che nessuno voglia acquisire le nostre quote, essendo sufficiente per Tekneko  acquistare solo le quote che consentano un completo controllo gestionale della società).  

Sulla proposta dell’Aciam il Responsabile del Servizio Tecnico ha espresso parere  tecnico non favorevole ai sensi dell’art. 49 del D.lgs. 267/2000. Le motivazioni sono di  facile intuizione e sono sintetizzabili nel concetto secondo cui il modello di statuto  proposto si allontana dallo schema legale tipico disciplinato dall’art. 17, comma 1, del  d.lgs. 175/2016 secondo cui “Nelle società a partecipazione mista pubblico-privata la  quota di partecipazione del soggetto privato non può essere inferiore al trenta per cento  e la selezione del medesimo si svolge con procedure di evidenza pubblica a norma  dell’articolo 5, comma 9, del decreto legislativo n. 50 del 2016 e ha a oggetto, al  contempo, la sottoscrizione o l’acquisto della partecipazione societaria da  parte del socio privato e l’affidamento del contratto di appalto o di  concessione oggetto esclusivo dell’attività della società mista”.  

Anche l’attuale assetto societario non risponde al modello legale consacrato in via  definitiva dal legislatore del 2016. In effetti, il privato è stato selezionato nel 2005 con  gara ad evidenza pubblica, ma non per la gestione dei servizi dei comuni, che non  possono affidargli direttamente il servizio, ma per l’esercizio nel contesto  dell’assemblea delle stesse prerogative dei soci pubblici, secondo uno schema oggi  definitivamente bandito dalla legge (le azioni di categoria “A” e di categoria “B” si  differenziano solo per le prerogative relative alla nomina dei componenti del Consiglio  di amministrazione).  

Con la recentissima sentenza del TAR Lazio 17486/2023 è stato poi definitivamente  accertato che le società miste pubblico private, come Aciam, non possono partecipare  alle gare indette per appalti di servizi, perché ne risulterebbe alterato il presupposto  della “par condicio” con altri concorrenti. E in effetti Aciam non ha partecipato alla  gara indetta dal Comune di Avezzano, affidata alla società Tekneko. Dunque, ci  troviamo in questa paradossale situazione: la società mista Aciam non può ricevere dai  comuni soci affidamenti diretti del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, poiché  non è società in house e non può partecipare alle gare indette dagli stessi. Come si è  visto, potrebbe gestire i servizi dei comuni solo a seguito di selezione del socio privato  tramite gara a doppio oggetto, con cui si garantisce la titolarità di quote societarie che  comportano l’affidamento del servizio per un tempo limitato. Ma lo statuto attuale (e  quello che scaturirebbe dalla modifica) sconfessano questo tratto essenziale, non  disciplinando l’oggetto della società secondo le indicazioni del legislatore.  

A ben vedere, il legislatore, in sede di adozione del codice delle società partecipate, ha  assegnato il termine del 31.12.2017 per adeguare gli statuti delle società che non  fossero in linea con i due modelli di società pubbliche ammesse, vale a dire il modello  della società in house e il modello della società mista pubblico privata.  

Quel programma di tutela dell’interesse pubblico oggi implicherebbe una modifica  dello statuto dell’Aciam finalizzata ad una riconduzione dell’assetto organizzativo  della società nell’alveo della disciplina del D.lgs. 175/2016 (società interamente  pubblica o società mista pubblico privata con selezione del socio privato mediante gara  a doppio oggetto). La modifica dello statuto oggetto di proposta, al contrario, allontana  i contenuti statutari ancora di più, se possibile, dallo schema legale tipico. In effetti,  solo per citare alcuni passaggi della proposta, la partecipazione del privato viene  prorogata al 2050 e viene annullata qualsiasi differenza tra socio privato e pubblico,  con la soppressione della distinzione tra azioni di categoria “A” e di categoria “B”. 

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Viene sancita così, definitivamente, l’espulsione dell’interesse pubblico dalle  dinamiche societarie della ancor nostra società Aciam.  

Come si è detto, le motivazioni della riserva della ricapitalizzazione esclusivamente al  socio privato, non convincono.  

Il nuovo statuto, ci viene detto, sarebbe finalizzato alla salvaguardia e alla  sopravvivenza della società. Ci viene altresì detto dagli organi di direzione che i  Comuni non possono effettuare ricapitalizzazioni per uscire dalla crisi, poiché “stante  l’assenza di conferimenti da parte degli enti locali soci è da escludersi che questi ultimi  possano partecipare alla ricostituzione del capitale sociale al minimo legale”.  

In realtà, l’istituto della ricapitalizzazione della società partecipata (più conosciuto  come “soccorso finanziario”) è disciplinato dall’art. 14 del d.lgs. n. 175/2016 ed è  ammesso nel rispetto di talune condizioni, ampiamente vagliate nel tempo e chiarite  sotto ogni aspetto dalla giurisprudenza contabile. Ma il percorso di una  ricapitalizzazione da parte dei soci pubblici, anche solo in forma di ipotesi, da porre al  vaglio tecnico della stessa società e poi a quello dei comuni, viene negato in radice e  non è stato in alcun modo considerato.  

Sotto questo profilo, deve osservarsi che l’Amministratore delegato della società, nella  riunione del C.d.A. del 19.02.2024, auspicava per la soluzione della crisi finanziaria  che gli Enti soci, detentori del 51% delle azioni, dessero seguito alla ricostituzione del  capitale sociale mediante deliberazione e sottoscrizione dell’aumento di capitale. Sul  tema, il parere legale acquisito da Aciam il 26.02.2024, teso a individuare un percorso  per il superamento della crisi, sostiene che i soci pubblici non potrebbero sottoscrivere  la ricostituzione del capitale sociale perché non legittimati a conservare le  partecipazioni in una società il cui socio privato non è stato selezionato con gara a  doppio oggetto; di conseguenza “verserebbero, stante la carenza di un interesse pubblico  perseguito, altresì nell’impossibilità di poter giustificare razionalmente la scelta di  farsi carico di parte delle perdite della società, di sottoscrivere la ricostituzione del  capitale sociale al minimo legale e, vieppiù, di procedere alla sottoscrizione di un  aumento di capitale ai valori pre-crisi”. È una logica, questa del parere legale,  evidentemente non accettabile alla luce della nuova disciplina: il legislatore del 2016  ha chiesto ai soci pubblici una modifica dell’assetto societario quando questo non sia  rispondente ai modelli legali della società in house e della società mista pubblico  privata. Ha previsto cioè l’opportunità, ed anzi l’obbligo, di rientrare nell’ambito delle  fattispecie societarie ammesse, in alcun modo individuando nella irregolarità di assetti  societari un limite assoluto alla ricapitalizzazione e sottoscrizione di nuove azioni,  quando queste operazioni siano eventualmente necessarie alla prosecuzione e  salvaguardia della società, fermo restando che le stesse potranno essere poste in  essere dai soci pubblici contestualmente alla deliberazione di un nuovo assetto  societario, riflesso ed espressione coerente delle disposizioni di legge del Testo unico  sulle società partecipate, in vista della celebrazione della gara a doppio oggetto.  

Le difficoltà e le criticità che si potrebbero incontrare sul percorso dell’adeguamento  societario pongono questioni tecniche che non possono essere affrontate dai Consigli  Comunali. Ma non sono state affrontate nemmeno dagli organi amministrativi della  società, mentre da quel 19.02.2024, giorno in cui l’Amministratore delegato proponeva  la ricapitalizzazione da parte dei soci pubblici, sono passati ormai cinque mesi mentre  le motivazioni della mancata attivazione del percorso che avrebbe garantito la tutela  dell’interesse pubblico sono del tutto insostenibili.  

Oggi ci troviamo di fronte ad un aut aut dell’ultimo minuto: per lo stato di necessità  della società, i Consigli Comunali sono chiamati ad approvare atti che non trovano 

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riscontro nel paradigma legale assentito dal legislatore e che, inevitabilmente  avrebbero il valore della definitiva rinuncia ad una tutela diretta dell’interesse  pubblico sotteso al servizio, tramite propria società. Una resa incondizionata che  comporterà, inevitabilmente, l’irreversibile trasformazione della società in un  organismo privato, non idoneo alla tutela dell’interesse pubblico, elemento e obiettivo  imprescindibile in ogni azione delle pubbliche amministrazioni.  

Per le ragioni esposte, l’auspicio rimane quello che nei prossimi giorni vengano  proposte soluzioni diverse che scongiurino, con il ricorso a strumenti legittimi, il  fallimento o scioglimento della società e permettano alle amministrazioni di  mantenere le proprie quote in un contesto societario di cui sia in programma, per la  tutela dell’interesse pubblico, il rientro nello schema legale tipico, anche attraverso più  step.  

In conclusione si ritiene che, se veramente sussistano concrete prospettive di  recuperare l’equilibrio economico delle attività svolte e di assicurare una continuità  aziendale finanziariamente sostenibile, sia giunto il momento, non più rinviabile, di  ultimare definitivamente il passaggio ad uno dei modelli di società, o mista pubblico  privata con selezione del socio privato mediante gara a doppio oggetto o società  interamente pubblica cd. in house, quale compimento del percorso di impegno dei  comuni per la migliore salvaguardia dell’interesse pubblico della tutela delle esigenze  delle comunità amministrate, sotteso al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti.  Potrebbe essere una buona notizia in tal senso l’informazione giunta da pochi giorni al  Comune per cui il deficit al 31 dicembre 2023 sarebbe in realtà di € 2.115.043,00 e non  di € 2.440.636,41, un nuovo dato che, non determinando l’azzeramento del capitale  sociale, impone comunque nuove riflessioni per verificare la possibilità di strade  alterative. L’approvazione del bilancio 2023 di Aciam potrebbe costituire il punto di  partenza per una nuova valutazione su dati certi su cui fondare la programmazione di  scelte gestionali finalizzate al superamento della crisi, con la conferma e la garanzia  del ruolo dei Comuni in un contesto di maggioranza pubblica del capitale sociale.  

Per chi voglia vagheggiare l’utilità di una partecipazione minoritaria nella società, si  fa rinvio alla Corte dei Conti della Lombardia che evidenzia, nella deliberazione n. 398  del 2016, che “Nel caso in cui la partecipazione dell’ente sia minoritaria (ed in assenza  di altri soci pubblici, che consentano il controllo della società), il servizio espletato non  è da ritenere “servizio d’interesse generale” posto che, a prescindere da ogni altra  considerazione relativa alle finalità istituzionali dell’ente, l’intervento pubblico (stante  la partecipazione minoritaria) non può garantire l’accesso al servizio così come  declinato nell’art. 4: l’accesso al servizio non sarebbe svolto dal mercato a condizioni  differenti in termini di accessibilità fisica, economica, continuità, non discriminazione”.  In altre parole, una partecipazione minoritaria, come quella che scaturirebbe dalle  modifiche statutarie proposte da Aciam, non sarebbe in grado di determinare le  condizioni di accesso al servizio che potrebbero legittimare il mantenimento della  quota da parte dei Comuni.  

Per quanto sopra, si chiede al Consiglio Comunale di non approvare la richiesta di  modifica statutaria inoltrata da Aciam, con l’espressione di voto contrario sulla  proposta in oggetto.  

Il Sindaco di Carsoli  

Avv. Velia Nazzarro 

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